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Pozzallo: le criticità delle USCA si ripercuotono sull’andamento esponenziale del numero crescente dei contagi nel ragusano

Le criticità delle USCA si ripercuotono sull’andamento esponenziale del numero crescente dei contagi
nel ragusano.Le USCA (Unità speciali di continuità assistenziale) sono un team formato da medici
attivati dai medici di famiglia e intervengono a supporto dello stesso ma spesso si ritrovano a dover
applicare un protocollo che presenta dei tempi morti, pericolosissimi e deleteri, che minano l’enorme
sforzo dei medi e degli operatori sanitari chiamati ad intervenire in condizioni che la natura stessa della
pandemia rende complicate e spesso estenuanti.83.180 operatori reclutati in Italia da gennaio 2020
(21mila medici, quasi 32mila infermieri e quasi 30mila altri operatori (tecnici di laboratorio e di
radiologia, biologi, assistenti sanitari, ecc.) sono considerati gli «angeli del Covid». Parte di questi
inseriti nelle USCA coadiuvano con grande professionalità e spirito di abnegazione, i medici nella
gestione della pandemia ma nonostante ciò, i medici di famiglia continuano a segnalare alla direzione
sanitaria aziendale le criticità rilevate senza ahimè trovare adeguate risposte e soluzioni. Emanuela
Russo, presidente del CSPAcomitato cittadino spontaneo per la Salvaguardia della salute pubblica e la
tutela dell’ambiente a Pozzallo, referente inoltre de La Stele di Rosetta, associazione di volontariato
delle famiglie di persone con disabilità cognitiva, ha vissuto in maniera diretta alcuni di questi passaggi
previsti dal protocollo nazionale applicato nella realtà locale e che lasciano l’amaro in bocca.
«E’ assolutamente ovvio e comprensibile che la lentezza di alcuni meccanismi incancreniscono la
situazione e nonostante gli sforzi di tutti non si stia riuscendo a superare l’empasse causato da alcuni
bugs nel sistema. E’ impossibile non avere stima per il lavoro di tutti coloro che sono stati e sono tuttora
impegnati nella pandemia – dice Emanuela Russo – In primis gli operatori delle USCA. – prosegue
Emanuela Russo – Domenica 19 dicembre scorso mi contatta telefonicamente l’operatore socio –
assistenziale che mi collabora a domicilio nella gestione del mio bimbo con disabilità gravissima,
riferendomi di essere risultata positiva al covid tramite un test rapido e con sintomi riconducibili
esplicitamente al covid. Essendosi recata presso l’USCAdi Pozzallo, l’osa domenica stessa, comunica
ai medici di riferimento di essere venuta in contatto con me venerdi’ 17 dicembre. Spontaneamente mi
metto subito in isolamento insieme ai miei due figli e attendo che il giorno dopo l’USCA mi contatti per
darmi indicazioni. Martedì, non avendo ancora ricevuto notizie dall’USCA, telefono al mio medico
curante chiedendogli di effettuare la segnalazione. Giovedì mattina finalmente il dipartimento di
riferimento dell’ASP mi contatta telefonicamente e mi informa che io ed i miei figli dovevamo stare in
isolamento e avremmo dovuto sottoporci a test molecolare in data 27 dicembre. Venerdì pomeriggio ho
riso con ironia quando ho ricevuto la telefonata di un operatore della nettezza urbana che mi
comunicava di aver lasciato i sacchetti per la differenziata dietro la porta. Ben cinque giorni dopo aver
saputo che ero un contatto di positivo. Quindi da domenica 19 a giovedì 23 io e i miei figli tecnicamente,
pur essendo contatti di un positivo, e quindi potenzialmente contagiati, avremmo potuto regolarmente
continuare la nostra vita, rischiando di contagiare altre persone andando al supermercato, al bar, a
scuola ecc… La gravità di questo vuoto durato 4 giorni giustifica a mio avviso le difficoltà nel riuscire ad
arginare i contagi. La tracciabilità diventa la parola chiave per contenere i danni e minimizzare il rischio
di diffusione del virus. Quattro giorni sono tanti e in una situazione di estrema gravità come quella che
stiamo vivendo oggi, tutto ciò è un lusso che non possiamo permetterci. ll carico lavorativo dei medici di
famiglia è notevolmente aumentato anche se molti pazienti lamentano a volte la mancata reperibilità e
disponibilità di alcuni di essi definendola quasi latitanza. Inoltre non sempre vi è un rapporto virtuoso tra
le USCA e i medici di famiglia. Diventa risolutivo snellire l’interlocuczione tra medicina generale e
USCA al fine di accelerare la tempistica delle segnalazioni e la risoluzione delle problematiche dei
pazienti.»
Il CSPA chiede all’ASP 7 di Ragusa di tenere in considerazione le segnalazioni che giungono dai
medici di famiglia e di intervenire con sollecitudine sull’argomento legato alla tracciabilità, poiché,
continuando di questo passo diventerà davvero complicato gestire l’aumento del numero dei positivi su
territorio ragusano. I passaggi fondamentali diventano l’isolamento immediato per i contatti diretti di un
positivo, l’accelerazione sugli esiti dei molecolari somministrati e l’aumento del personale per
realizzare tutto ciò.

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