La 19enne palermitana, vittima di uno stupro da parte di sette ragazzi lo scorso luglio, ha espresso pubblicamente il suo dolore e la sua frustrazione attraverso i social media. La giovane è stata trasferita in una comunità protetta, dove le verrà offerta anche l’opportunità di lavorare, dopo aver lasciato la città.
Nel suo sfogo commovente, la ragazza afferma “Sono stanca mi state portando alla morte”, dichiarando di sentirsi portata verso la disperazione dalla continua ondata di commenti accusatori e giudizi negativi a suo carico.
La giovane ha rivelato di non avere più la forza di lottare, né per sé stessa né per gli altri, e ha ammesso di sentirsi incapace di aiutare chiunque nelle sue condizioni attuali.
La situazione è stata aggravata da un post sui social media in cui la ragazza è stata accusata di aver acconsentito al rapporto con i suoi stupratori. Inoltre, commenti come “se l’è cercata” hanno contribuito ulteriormente a farla sentire sotto accusa e a farla crollare emotivamente. “Basta giudizi su di me” afferma nel suo sfogo, respingendo queste accuse e sottolineando che non è di aiuto continuare a giudicarla, poiché sta lottando con una situazione che nessuno dovrebbe mai affrontare.
La giovane ha anche condiviso pensieri oscuri riguardo al suo futuro: “Se riesco a farla finita porterò tutti quelli che volevano aiutarmi sempre nel mio cuore”. La decisione di lasciare la città per cercare rifugio in una comunità protetta mostra la profondità delle sue ferite e la necessità di un ambiente sicuro e protettivo per la sua guarigione.
Questo drammatico evento ha messo in luce un problema persistente e grave: la tendenza a colpevolizzare le vittime di stupro. Troppo spesso, le vittime sono soggette a commenti che mettono in discussione la loro credibilità e che cercano di minimizzare la gravità dell’atto di violenza subito. Questo atteggiamento ostacola la guarigione e può causare danni irreparabili alle persone coinvolte.